La sostanza di quello che possiamo sperare

La sostanza di quello che possiamo sperare

Roma

Appena arrivato a Roma, il mio primo lavoro fu nel settore immobiliare. Il datore di lavoro era un’elegante signora americana sulla sessantina, dura e determinata, che lavorava in collaborazione con la figlia, a sua volta ambiziosa e competitiva. Nella Città Eterna, il mio capo era riuscito a fiutare un’opportunità nel settore della vendita e dell’affitto di case e appartamenti alla comunità internazionale di persone benestanti. All’epoca, io ero povero come può esserlo un povero, e fui assunto per la mia “bella personalità”. Prendevo uno stipendio che mi impediva di dormire con i senzatetto sotto i ponti del Tevere.

Con i soldi che mi avanzavano comprai dei vestiti presentabili e imparai presto a mostrare le case, nel loro aspetto più accattivante, a uomini d’affari, diplomatici e celebrità. La maggior parte di loro rimase affascinata dalla mia “bella personalità” e i contratti continuarono ad arrivare, con soddisfazione del mio capo e sgomento di sua figlia, il cui atteggiamento competitivo nei miei confronti peggiorava ad ogni successo che ottenevo grazie ai miei umili servizi.

Il mio cuore era inquieto. Una parte di me era tentata di usare il mio “fascino” come mezzo per ottenere qualche posizione vantaggiosa presso la corte di qualche cliente del mio capo. Un’altra parte, affettuosa e modesta, diceva: “Basta con questo spettacolo! Sai che c’è dell’altro. Scopri chi sei veramente!”

La sostanza di quello che possiamo sperare 2Per un po’ di tempo, la tentazione ebbe la meglio. Ben presto la mia preghiera per una vita compiacente sollecitò una risposta dall’Universo. Un uomo d’affari tedesco sviluppò sentimenti paterni per il giovane che ero allora. Gli piaceva l’appartamento che gli avevo trovato e, per ricompensa, mi portò diverse volte a cena fuori. La conversazione era completamente incentrata sulla sua vita. Sua moglie e le sue due figlie si erano stabilite nella sua villa, con uno yacht, alcune buone auto e una carta di credito d’oro per comprare tutte le cose belle che il denaro poteva comprare. Tornava a casa solo per le vacanze, tra un’impresa commerciale all’estero e l’altra.

Durante l’ultima cena consumata con lui, mi guardò e mi disse: “Io ero come te, molto dotato musicalmente. Suonavo il pianoforte e i miei insegnanti avevano grandi speranze per me. Avevo anche una certa spiritualità. Ma presto mi resi conto che senza soldi non si può andare da nessuna parte in questo mondo. Così mi sono svegliato e mi sono messo in affari. Guarda cosa ho adesso! Viaggi, comodità e divertimento!”.

Poi accennò a come avrebbe potuto aiutarmi a seguire le sue orme. “Posso insegnarti tutto quello che devi sapere sugli affari”, disse, “e posso già pagarti uno stipendio buono, se mi dai la tua piena disponibilità!”.

Percepii affetto nelle sue parole. Tuttavia, la sua grossolana energia commerciale era radicalmente diversa dalle qualità che mi aveva trasmesso il mio affettuoso padre: sensibilità, profondità, amore per la letteratura e un totale disinteresse per le “vie del mondo”. Avrei tradito tutto questo accettando una posizione nell’entourage di quest’uomo, la cui unica fede sembrava essere investita nel suo conto in banca? Anche la mia vita sarebbe stata dedicata a “tutte le cose che il denaro può comprare“?

Dopo quella cena, mentre tornavo alla cantina malandata che era la mia casa, alla periferia della metropoli, il mio cuore si sentiva tanto vuoto quanto il mio stomaco era pieno. Mi vennero molti dubbi sul futuro di un giovane uomo che avrebbe dovuto abituarsi alla mediocrità in cui eccellevano persone come questo falso padre surrogato.

La sostanza di quello che possiamo sperareIl giorno successivo, al lavoro, si scoprì che la madre era in viaggio d’affari. Quella che stava sul trono, con cupo piacere, era ora la figlia, della quale non avrei potuto sopportare la tirannia senza perdere la mia dignità. Il pentimento che cominciavo a provare in seguito alle scelte sbagliate che avevo fatto per la mia vita, mi portò a decidere in fretta: non aspettai nemmeno la fine del mese per avere il mio stipendio; semplicemente sparii senza preavviso, deciso a trovare un impiego che potesse risuonare meglio con la mia natura più profonda.

Nel momento in cui avevo smesso di corteggiare i re e i potenti di questo mondo, la mia forza vitale era tornata, e con essa la consapevolezza che ciò che era sempre più venuto a mancare era la sostanza stessa della mia vita: la fede che viene a colui che ha il coraggio di seguire i suggerimenti più profondi del suo cuore.

Successivamente, ho imparato l’equivalente italiano di “substance”: sostanza, che, usata al plurale, significa anche beni, denaro. Dopo la mia esperienza giovanile, mi sono gradualmente reso conto che, senza una vera sostanza percepita profondamente nel corpo e nella mente, non avrei mai sentito veramente mia nessuna somma di denaro che avrei potuto guadagnare. Sentivo che il resoconto finanziario di fine vita, che mi sarebbe stato mostrato nell’ultima proiezione cinematografica della mia vita, poco prima di chiudere per sempre gli occhi mortali, avrebbe incluso solo il denaro che era legato, in qualche modo,  a quella sostanza. Così come la vita inizia prima del respiro e della digestione, così questa sostanza percepita interiormente deve venire prima di qualsiasi entrata economica.

Forse queste riflessioni sul tema del denaro resero così emozionanti le maestose righe iniziali di Sri Yukteswar nel suo libro La scienza sacra, che lessi per la prima volta anni dopo. Il grande Gyanavatar scrive:

Nell’uomo è insita una fede eterna che gli fa credere intuitivamente nell’esistenza di una Sostanza, di cui gli oggetti dei sensi (…) sono soltanto le proprietà. Poiché l’essere umano si identifica soltanto con il corpo fisico (…), per mezzo dei suoi organi imperfetti può comprendere solo le proprietà, ma non la Sostanza di cui esse sono parte. Il Padre Eterno, Dio, l’unica Sostanza dell’universo, è quindi al di là della comprensione umana, a meno che, trascendendo la creazione delle tenebre, o Maya, l’uomo non diventi egli stesso divino. .

Più avanti nel libro, Sri Yukteswar spiega come questa Sostanza possa essere percepita attraverso tecniche yoga che prevedono la regolazione del respiro e il controllo intuitivo della forza vitale.

Ho avuto la fortuna di ricevere l’iniziazione alla sua tecnica di Kriya yoga, che ora è diventata parte integrante della mia vita e mi mette quotidianamente in contatto con la mia Sostanza.

Tuttavia, sono sempre stato grato di aver sentito un po’ di quella realtà interiore molto prima nella mia vita, quando avevo deciso di essere fedele al mio vero sé. Sri Yukteswar scrive che la fede eterna è sempre nostra, e che dovremmo agire secondo i suoi suggerimenti, perché – in armonia con le parole dell’apostolo Paolo – essa rappresenta la sostanza di tutto quello che possiamo sperare.

2 Comments

  1. mm

    Grazie ! Mi sento anch ‘ io così … Grazie!!!

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