Un giorno, fu chiesto a un mio confratello discepolo di scavare una buca profonda per una fossa settica. Egli lavorò tutto il giorno, senza mai fermarsi per controllare quanto avesse scavato. Alla fine della giornata, con grande sorpresa sua e di tutti noi, la buca era terminata.

«Quello» disse il Maestro «è il modo per trovare Dio. Continua a scavare e scavare, senza mai preoccuparti di dove sei arrivato. Un giorno, all’improvviso, ti ritroverai già ».

Il Maestro diceva spesso: «Se pianti un seme ma continui a toglierlo dalla terra per vedere se sta germogliando, non gli permetterai di crescere. Devi lasciarlo nel terreno e annaffiarlo ogni giorno; allora crescerà sicuramente, a suo tempo. Lo stesso deve accadere sul sentiero verso Dio: pianta il seme della divina aspirazione e non toglierlo continuamente dalla terra per vedere come stia crescendo, ma annaffialo quotidianamente con la meditazione e con azioni divine. Assicurati anche di circondarlo e proteggerlo con la siepe della buona compagnia. Col tempo, il tuo piccolo seme diventerà il robusto albero della realizzazione del Sé, che offrirà ombra e riparo a ogni viandante. Ma ricorda: se rimuovi continuamente la terra, potresti anche distruggerlo. Il dubbio è uno degli ostacoli più grandi sul sentiero verso Dio».

Il Maestro, tuttavia, diceva anche che il dubbio ha degli aspetti costruttivi. Il suo avvertimento si riferiva ai dubbi distruttivi, come il “complesso di Amleto” («Devo? Non devo? La meditazione mi aiuterà veramente? Non dovrei invece andare a servire in un ospedale?») o come l’atteggiamento di autocritica di colui che insiste nel tenere la “mente aperta” a ogni idea scoraggiante («Sono sicuro di non avere i requisiti per fare strada sul sentiero spirituale. Forse pratico le tecniche nel modo sbagliato e faccio passi indietro, invece che avanti. E se questo sentiero non fosse altro che una trappola per gli incauti, che non porta all’illuminazione ma alla confusione?»). Quanti devoti – davvero tanti! – ho visto vagare intontiti nelle nebbie del dubbio, e non solo in questo sentiero spirituale, ma anche negli altri! Riferendosi a queste persone, il Maestro citava a volte le parole della Bhagavad Gita: «Colui che dubita è il più infelice dei mortali».

I dubbi distruttivi sono la nostra rovina; finché non dissipiamo le loro nebbie, non possiamo progredire in nessun campo. Il dubbio è semplicemente il frutto del cattivo karma passato e dobbiamo combatterlo con risolutezza, non accettarlo passivamente in nome dell’imparzialità. La persona saggia non ospita in casa sua dei criminali; perché dunque aprire la mente a un’invasione di pensieri che vengono solo per portarci via la pace interiore?

Il dubbio costruttivo, invece, è tutt’altra cosa. È la ricerca positiva di soluzioni, non il sospetto negativo che i problemi siano irrisolvibili. Durante una gara, il corridore non ha tempo di chiedersi: «Forse non dovrei fare questo» o «Mi chiedo quali siano le mie probabilità di perdere». Potrà però porsi domande più pratiche: «Devo allungare il passo? È il momento dello sprint finale?». Il vero devoto, come il vero atleta, si concentra sul fare del suo meglio. Con questo atteggiamento, la sconfitta è impossibile: possono esserci solo diversi livelli di successo. 

I segni del progresso spirituale, quindi, hanno un’utilità costruttiva solamente se vengono intesi come una guida per i nostri sforzi, non come i deprimenti indicatori di quanta strada c’è ancora da percorrere, e neppure come un balsamo per l’ego della persona semi-illuminata.

Ricorda che la linea-guida più sicura per il progresso spirituale è la crescente consapevolezza che Dio è l’unico potere nella vita; una consapevolezza crescente, poiché la comprensione deve essere dinamica, non passiva. (Troppi devoti indietreggiano di fronte ad azioni che richiedono coraggio e iniziativa, per timore di rafforzare il proprio ego. Ma come è possibile realizzare che Dio è l’Unico Attore, senza mai agire?)

Uno degli errori più tristi, e più comuni, sul sentiero spirituale è quello di misurare il progresso in base a fenomeni psichici di vario tipo. È un errore che si è rafforzato con la scoperta degli allucinogeni, considerati come una scorciatoia per arrivare al samadhi. Quando queste droghe cominciarono a diventare popolari, sentii una certa affinità con coloro che le usavano, anche se non ebbi mai la tentazione di provarle io stesso. Quelle persone raccontavano sinceramente che l’esperienza della droga le aveva convinte che l’egoismo è un’illusione, e ciò mi colpiva favorevolmente. Mi sembrava impossibile che si potesse raggiungere una simile saggezza con una pillola, ma pensai che potesse trattarsi di una comprensione acquisita in una vita precedente; in quel caso, la droga avrebbe semplicemente scosso le persone da atteggiamenti imposti dall’ambiente, facendo riaffiorare in loro gli antichi samskara (tendenze). Era una teoria ragionevole. Dopo tutto, qualcosa deve pur risvegliare i vecchi samskara, per portarci al sentiero spirituale. Spesso è uno shock di qualche tipo, come una malattia o un lutto; pensai quindi che anche le droghe potessero agire in questo modo.

Se è così, comunque, l’effetto è simile allo spalancare una porta con violenza. Nel corso degli anni, osservando le persone che facevano uso di droga, mi sono convinto che avevano semplicemente abbandonato una forma di egocentrismo per un’altra, molto più insidiosa. La persona aggressiva, per lo meno, si relaziona con il mondo oggettivo, sebbene in un modo non piacevole; i drogati, invece, sembrano ritirarsi in un’isola soggettiva, in cui perfino l’amore e la cosiddetta coscienza espansa non conferiscono una genuina compassione o un interesse attivo per gli alti. La loro mancanza di interesse per il prossimo – se non in un senso puramente soggettivo – non denota libertà come essi credono, ma solo un’eccessiva concentrazione su se stessi.

Una delle illusioni sul sentiero spirituale – causata dalle droghe o semplicemente da un’errata comprensione – è quella di credere che il progresso consista solo in un intrattenimento, fatto di visioni, voci e altri fenomeni mentali o psichici, che in realtà non indicano di per sé una genuina elevazione della coscienza. Swami Sri Yukteswar ha detto che molti devoti rinunciano ai piaceri del mondo solo per cercarli nuovamente, a livelli più sottili, nei fenomeni astrali.

La base di ogni vero progresso è il giusto atteggiamento. Se stai diventando più gentile, più altruista, più calmo, puoi essere certo del tuo progresso, sia che tu abbia visioni oppure no. Se riesci a poco a poco a lasciar andare attrazioni e repulsioni e ad accettare con equanimità tutte le esperienze della vita, hai molti motivi per rallegrarti. Se provi sempre meno desiderio per le cose del mondo, sappi che stai davvero trovando la libertà. Ancora più importante, se il tuo amore per Dio si fa sempre più profondo, sappi che ti stai avvicinando rapidamente a Lui. E se attraverso tutte le prove della vita ti senti sempre interiormente gioioso, con una gioia che nulla può scalfire, sappi che Lo possiedi già, in misura meravigliosa.

Sì, il samadhi è uno stato splendido, da desiderarsi ardentemente. Ma quando l’atteggiamento è giusto, ogni altra cosa andrà a posto da sola, automaticamente. Al contrario, si sa di santi che sono caduti perfino da uno stato di samadhi, a causa di qualche imperfezione nel loro atteggiamento.

Ricorda comunque che i giusti atteggiamenti spirituali non possono essere solo il prodotto di affermazioni e pensieri positivi. Sono una conseguenza naturale del contatto divino nella meditazione, della Grazia divina.

«Eppure mi sembra che il mio atteggiamento stia migliorando» potreste ribattere «anche se non posso certo vantarmi di avere “contatti divini” nella meditazione!».

Amico mio, questo tipo di negatività è proprio ciò da cui ti ho messo in guardia all’inizio del capitolo. Togliere il seme dalla terra per vedere se sta germogliando, ricordi? Faresti meglio a concentrarti su questo atteggiamento, prima che annulli tutti gli altri!

Come sai di non aver avuto contatti divini nella meditazione? Il fatto stesso che il tuo comportamento stia migliorando è un segno evidente che qualcosa sta accadendo. Che cosa ti aspettavi? Tuoni? Fulmini? Un sipario che si apre rivelando un coro di angeli? Gesù Cristo ha detto che Dio arriva «come un ladro nella notte». Sperimenterai sicuramente, col tempo, esperienze più grandi di quelle attuali, ma sappi che l’amore verso Dio che provi nella meditazione è già un segno della Sua presenza. È così che Egli si comporta: Gli piace entrare di soppiatto.

A detta dei medici, una delle cose più difficili è diagnosticare le proprie malattie. Ancora più difficile è riconoscere correttamente le proprie illusioni spirituali! Le persone possono a malapena comprendere da sole se la loro salute stia migliorando o peggiorando. («Dottore, come sto?» è la prima domanda che rivolgono di solito al medico.) Quanto è più difficile riconoscere da noi stessi i nostri progressi o regressi spirituali! Le conquiste sono raramente visibili da un giorno all’altro, ma diventano percettibili in un arco di mesi, perfino di anni. Non lasciarti impressionare troppo quando qualcuno ti dice: «Ieri ho partecipato a un incontro spirituale e ho sperimentato una fantastica crescita interiore!». Per poter fare una giusta valutazione, è necessario bilanciare le vette e i precipizi della vita. A volte ci sono davvero giorni, perfino istanti, di crescita improvvisa, ma ciò non è frequente, e di solito accade perché il terreno è stato preparato a lungo e con cura.

In ogni caso, come ho già sottolineato, se ci si ferma ad analizzare il proprio livello di sviluppo spirituale si perde del tempo prezioso, che potrebbe invece essere impiegato per meditare e progredire ulteriormente. È bene ricordare, piuttosto, che non è importante ciò che Dio ci sta dando in termini di visioni e consolazioni, ma quello che siamo disposti a donare di noi stessi a Lui. Accade spesso che a un’anima debole e materialista, più bisognosa di incoraggiamento, vengano concesse più esperienze che a una pura e altruista. In ogni caso, non dovremmo cercare le esperienze in quanto tali. Ciò non significa non essere grati se ci vengono date, poiché un cuore riconoscente rivela il giusto atteggiamento, ma non cercarle e non esservi attaccati. Come ha detto il Maestro: «Il sentiero verso Dio non è un circo!».

Se può sembrare che io tenga in poco conto le profonde esperienze meditative (che non hanno nulla a che vedere con i semplici fenomeni psichici), è perché il fondamento di tali esperienze deve essere il giusto atteggiamento. Ogni sentiero verso Dio ha i suoi trabocchetti, e quello che caratterizza il sentiero del Raja Yoga è la tentazione di abbandonarsi all’orgoglio spirituale per aver ricevuto rivelazioni o poteri miracolosi nella meditazione. Tuttavia, anche il limitarsi a parlare del corretto atteggiamento, ignorando l’interiore schiudersi dell’anima, sarebbe un errore, un invito per il devoto a tirare comodamente i remi in banca e ad accontentarsi di finire un viaggio in realtà appena iniziato. Il giusto comportamento dovrebbe farci sentire spontaneamente sempre più vicini – coscientemente vicini – a Dio.

Il Maestro una volta incontrò un monaco e gli chiese: «Vedi mai luci o angeli nella meditazione?».

«Quando Dio lo vorrà, li vedrò» rispose il monaco.

«Non è così» gli disse il Maestro con severità. «Quando avrai la giusta devozione, li vedrai. Dio ti tiene nascoste queste cose non perché Lui lo desideri, ma perché la tua devozione è ancora tiepida».

Quando il puro amore – non il desiderio di miracoli e fenomeni – diventa la base della nostra ricerca spirituale, possiamo aspettarci delle esperienze anche se non le desideriamo. Se queste rimangono assenti troppo a lungo, significa che manca qualcosa. Prega dunque di ricevere una maggiore devozione, non i frutti della devozione, per non commettere lo sbaglio di quell’uomo che, stremato dalla fame, pregò di poter avere un grande stomaco, invece che una pancia piena.

Ricorda comunque quanto è sottile il mondo interiore e non desiderare le luci solo perché altri le vedono, mentre Dio sta già riversando su di te un altro tipo di abbondanza. Molti sono i sentieri interiori che conducono a Dio. Alcune persone raggiungono stati molto avanzati senza mai vedere la luce interiore. Le parole rivolte dal Maestro a quel monaco, quindi, dovrebbero essere intese almeno in parte come un consiglio personale, rivolto solo a lui. L’importante è sperimentare attivamente la presenza di Dio, in una forma o nell’altra.

Dio si presenta nell’anima in molti modi diversi: come luce, suono, amore, pace, intensa calma, potere, saggezza o gioia divina. Si può avanzare su uno di questi sentieri, o su più di uno, ma raramente su tutti contemporaneamente, a meno che non si siano già raggiunti i più alti stadi di sadhana (pratica spirituale). Chi vede le luci potrà avere visioni di santi o angeli, oppure del mondo astrale. Chi ode i suoni potrà udire musiche astrali o il suono dei centri spinali. Chi prova l’amore potrà ritrovarsi inavvertitamente in lacrime durante la meditazione. Chi sente la pace avrà l’impressione di assaporarla in sorsate pure e rivitalizzanti. Chi sperimenta la calma (l’aspetto positivo della pace) potrà sentire la propria coscienza espandersi come in una sala spaziosa. Chi percepisce il potere divino sarà intensamente consapevole che Dio solo è Colui che agisce e che l’uomo non ha alcun potere. Chi conosce la saggezza potrà sviluppare la profonda comprensione intuitiva di qualunque domanda rivolga a Dio, oppure riconoscere se stesso, interiormente, come il Sé immortale. E chi sperimenta la gioia divina non avrà mai bisogno di nient’altro.

Per entrare profondamente in queste esperienze, tuttavia, è necessario dimenticare il piccolo ego. Finché si è coscienti di meditare sulle qualità divine, la meditazione è ancora imperfetta. Colui che medita, l’atto del meditare e l’oggetto della meditazione devono divenire uno. Come primo requisito, la mente deve rimanere ferma, poiché l’agitazione rende impossibile una profonda esperienza interiore. Secondo requisito è che il respiro diventi calmo, anzi immobile. Quando il respiro cessa (non perché trattenuto, ma come naturale conseguenza della calma fisica e mentale), anche i pensieri devono fermarsi. Fino a quando non si sarà raggiunto questo stato, non saranno possibili profonde esperienze spirituali.

Chi vede la luce non dovrebbe concentrarsi sulle visioni, ma cercare di entrare in essa. Porta la tua attenzione nel centro di qualunque luce tu scorga al punto tra le sopracciglia. Se vedi l’occhio spirituale (un campo di luce blu circondato da un cerchio dorato, con una stella bianca a cinque punte nel mezzo), sarà ancora meglio. Concentrati sulla stella, se la vedi, o sul campo di colore blu. Gradualmente, l’oro si espanderà fino a formare un tunnel, attraverso il quale entrerai coscientemente nella luce del mondo astrale. Col tempo, anche la luce blu formerà un tunnel, attraverso cui entrerai nella luce del mondo causale, la Coscienza Cristica. Quando riuscirai a penetrare nella stella, entrerai nello Spirito al di là della creazione vibratoria.

Ho già descritto in un altro capitolo i suoni dei centri spinali. È meglio udire questi suoni, specialmente quelli emanati dai centri superiori, piuttosto che la musica astrale. Meglio ancora è udire il grande suono dell’AUM, e immergersi in esso.

Chi sente l’amore dovrebbe cercare la perfetta unione con l’Amato Divino. La devozione (bhakti) non si trasformerà in divino amore (prem) finché non si espanderà oltre la coscienza dell’ego.

Lo stesso avviene con le altre esperienze di Dio. Offrile ogni volta in alto, a Lui, facendoti condurre sempre più in profondità nella Sua coscienza, e non accontentarti di aver raggiunto un pianoro invece della vetta. 

Soprattutto, non paragonarti mai agli altri, per non cadere nello scoraggiamento o nell’orgoglio. Non soffermarti neppure troppo sui segni di progresso che ho descritto; ho appena toccato l’argomento. Dio, che è infinito, può manifestarsi nell’anima in un’infinità di modi: come squisite fragranze, come mille dolcezze riunite in una, come divino insegnamento, pura gaiezza o amorevole clemenza. Il rapporto di ogni anima con l’Infinito è unico; non confrontarti con gli altri, ma solo con te stesso. Ami Dio più di prima? Stai sviluppando l’equilibrio mentale? Sei interiormente più contento e gioioso, o per lo meno sereno? Sei meno ostinato? Desideri servire e compiacere solo Dio? Se la tua risposta a queste domande è «Sì», e se puoi aggiungere ad esse il desiderio di coltivare ogni giorno queste virtù sublimi, sappi che Dio e il Guru sono sicuramente contenti di te. Offri loro tutto te stesso: ti condurranno sicuramente e velocemente alle Sponde Divine!

Swami Kriyananda – Arte e Scienza della Meditazione

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