Una domanda certamente ragionevole. Sono stati proprio i maestri, tuttavia, ad affermare che il Kriya Yoga non dovrebbe essere reso pubblico, proprio perché è un insegnamento che trascende la ragione stessa. La giusta comprensione di questa pratica dipende dallo sviluppo graduale dell’intuizione.

Per poter essere pienamente efficace, il Kriya Yoga deve essere ricevuto non solo con l’intelletto (in forma scritta o a parole), ma in modo vibrazionale, attraverso un’iniziazione. Un magnete si crea con il riallineamento elettrico delle molecole, oppure con la vicinanza a un altro magnete. La sintonia con un guru risvegliato in Dio influenza i samskara (che sono paragonabili alle molecole della materia), facendoli fluire in alto verso il cervello.

Si tratta di una realtà più sottile, e molto più difficile da padroneggiare, delle semplici molecole dei metalli. Senza una guida esperta, perfino scalare una montagna può essere fatale, sebbene in questo caso la morte ponga fine a una sola incarnazione. Gli errori spirituali possono essere più costosi, perché la sofferenza che ne deriva può essere a lungo termine.

La guida del guru non è solo utile: è essenziale. Ciò non significa che il Kriya Yoga sia pericoloso. Niente affatto. Tuttavia, decidere di praticare il Kriya Yoga significa cominciare seriamente il cammino che conduce a Dio. Non è un gioco, e dovrebbe certamente essere affrontato come un impegno per tutta la vita … Ogni iniziazione dello yoga, e specialmente quella nell’antica scienza del Kriya Yoga, dovrebbe essere considerata come un passo molto sacro nella propria vita.

(Swami Kriyananda, L’essenza della Bhagavad Gita, commentata da Paramhansa Yogananda)

La parola Kriya è un termine ingannevolmente semplice, che si riferisce a numerose pratiche. In sanscrito significa letteralmente “azione”. La stessa radice verbale sanscrita kri (agire) è contenuta nel termine karma. Mentre karma è generalmente definito come “azioni generate dal desiderio egoico”, kriya indica “azioni che purificano”.

Nella scienza dell’Hatha Yoga vi sono molti kriya, pratiche che hanno lo scopo di purificare il corpo e il sistema nervoso, per esempio pulendo il naso, lo stomaco, gli intestini, i canali dei nervi ecc.

Nella scienza del Raja Yoga, il termine Kriya si riferisce alle pratiche che purificano l’ego (prevenendo così il karma futuro) e che neutralizzano i “semi” o le tracce del karma passato presenti nella coscienza. Quando Babaji riportò in vita le antiche tecniche della realizzazione di Dio che erano appartenute al Raja Yoga nelle epoche più antiche, chiamò queste pratiche “Kriya Yoga”. Questa scienza comprende un notevole numero di tecniche, che il suo discepolo Lahiri Mahasaya concentrò in una progressione di esercizi preparatori e di iniziazioni, noti come “il Kriya Yoga di Lahiri Mahasaya di Benares”. Per questo grande contributo, Lahiri Mahasaya è conosciuto come il padre del Kriya Yoga nell’età moderna, e come Yogavatar.

Lahiri Mahasaya ha insegnato queste pratiche a migliaia di studenti, e ad alcuni di loro ha dato l’autorizzazione a trasmettere questa tecnica ad altri. Molti di coloro che hanno avuto l’iniziazione, a loro volta hanno iniziato altre persone e così, nel corso delle generazioni successive, si sono sviluppate diverse linee di Kriya. Così dall’albero del Kriya di Lahiri Mahasaya, sono cresciute molte linee, con diversi rami, ma tutte le linee di Kriya che provengono da Lahiri Mahasaya insegnano sostanzialmente le stesse tecniche, con variazioni minime.

Il Kriya che è giunto al mondo occidentale attraverso Paramhansa Yogananda e che viene insegnato oggi anche in Oriente dal suo discepolo Swami Kriyananda, è una di quelle ramificazioni, che è nata da un discepolo molto avanzato di Lahiri Mahasaya, Swami Sri Yukteswar.

Trattandosi di un termine generico che si riferisce a molte pratiche di Raja e Hatha Yoga, il termine Kriya viene utilizzato oggi da molti insegnanti che si riferiscono a pratiche simili, ma distinte, rispetto a quelle insegnate da Lahiri Mahasaya. In Internet troverai decine di migliaia di riferimenti.

Quando questa domanda venne rivolta a una yogini molto avanzata, in India, ella rispose: “Quello che ti viene dato dal tuo guru”.

Non è la tecnica in sé che conduce automaticamente alla liberazione, sebbene una pratica corretta porti risultati benefici a chi vi si dedica. Tale pratica, del resto, è possibile solo grazie alle benedizioni del guru, che usa la tecnica come uno strumento di liberazione per i suoi discepoli. Come diceva Yogananda: “Il Kriya più la devozione funzionano come la matematica”.

«La scienza del Kriya Yoga è eterna. Essa è vera come la matematica; come le semplici norme di addizione e sottrazione, la legge del Kriya Yoga non può mai essere distrutta. Bruciate tutti i libri di matematica, e le menti logiche scopriranno sempre di nuovo tali verità; distruggete tutti i libri sacri sullo yoga, e le sue leggi fondamentali si riveleranno nuovamente dovunque comparirà un vero saggio dalla devozione pura e, quindi, dalla pura conoscenza.» (Autobiografia di uno Yogi, edizione originale, 1946)

A causa della necessità delle benedizioni del Guru, il Kriya che proviene da Babaji viene dato con una “iniziazione”, una cerimonia durante la quale il potere e le benedizioni del guru si trasferiscono nel discepolo, dandogli la capacità di eseguire correttamente la tecnica.

Il tuo; quello a cui appartieni.

Tra i maestri autorealizzati non c’è competizione. A ognuno di loro Dio ha affidato delle anime da guidare. Perciò non è il guru che sceglie i suoi discepoli, né è il discepolo a scegliere il suo guru. Questo è l’autentico “matrimonio celebrato in cielo”, tra due anime che Dio ha unito fino a che la morte (dell’ego del discepolo) non le separi, quando il discepolo tornerà a fondersi con l’oceano cosmico della coscienza.

Nel suo ultimo messaggio ai discepoli, Gesù disse:

«Ho fatto conoscere il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me ed essi hanno osservato la tua parola … Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi» (Giovanni, capitolo diciassettesimo)

Il guru si manifesterà ai suoi discepoli nel momento della loro vita in cui saranno pronti a percepirlo e a riceverlo. In un modo o nell’altro i maestri “chiamano” i loro discepoli. Possono farlo in modi tanto diversi quanto sono diversi i discepoli. Può accadere incontrando il guru di persona. Oppure attraverso la parola scritta, come nel caso di Autobiografia di uno Yogi di Yogananda, riferendosi alla quale egli stesso disse di aver infuso le sue vibrazioni in ogni parola. Oppure attraverso le pratiche spirituali che il maestro insegna. O attraverso il magnetismo della compagnia dei suoi discepoli o di coloro i quali trasmettono ad altri le sue vibrazioni e il suo messaggio. Potrebbe accadere attraverso la sua opera spirituale, che attrae chi è in sintonia con il maestro. Il contatto può verificarsi anche in sogno o in visione, udendo la sua voce o guardando una sua fotografia.

Ciò che è importante per un aspirante discepolo è sintonizzarsi con le vibrazioni di un maestro, usando tutti i mezzi a sua disposizione, per poi ascoltare interiormente una risposta che giunge dall’anima. La risposta si manifesta sotto forma di amore profondo, o gioia, o dalla semplice certezza di aver trovato la propria casa.

Secondo Yoganandaji, Gesù stesso insegnò ai suoi discepoli una tecnica molto simile al Kriya, che era adatta a quei tempi. Fu Gesù in persona che chiese a Babaji di inviare qualcuno in Occidente per insegnare ai suoi discepoli le pratiche attraverso le quali avrebbero potuto entrare in comunione interiore con la sua Coscienza Cristica. È per questo motivo che Yogananda ha inserito Gesù nella linea di maestri del Kriya.

Lahiri Mahasaya dette l’iniziazione al Kriya Yoga a induisti, cristiani, musulmani e anche atei, dicendo che nessuno deve rinunciare alla sua religione per seguire questo sentiero.

«Un tratto caratteristico della vita di Lahiri Mahasaya era quello di dare l’iniziazione al Kriya a uomini di ogni fede. Tra i suoi principali discepoli si trovavano non soltanto indù, ma anche musulmani e cristiani. Monisti e dualisti, uomini di ogni fede o di nessuna determinata fede, tutti venivano accolti imparzialmente e istruiti dal grande guru … Egli incoraggiava i suoi allievi a uniformarsi alla buona disciplina tradizionale della propria fede. Insistendo sulla natura universale del Kriya quale tecnica concreta di liberazione, Lahiri Mahasaya dava poi ai suoi discepoli la facoltà di vivere secondo l’educazione e l’ambiente in cui erano cresciuti» (Autobiografia di uno Yogi, edizione originale, 1946)

Il Kriya viene dato con un’iniziazione, in un contesto cerimoniale che sottolinea la sacralità di quel momento, durante il quale il potere trasformante del guru si trasferisce al discepolo, dandogli la capacità di comprendere e praticare profondamente le tecniche liberatrici. Una tecnica tanto avanzata non viene offerta a chi intende seguire gli insegnamenti a modo suo, ma a coloro che sono disposti e preparati a praticarle seguendo le istruzioni del guru. Se da parte del discepolo c’è questo atteggiamento di disponibilità, apertura e umiltà, il guru può dare più di quanto darebbe a chi prova per gli insegnamenti una mera curiosità.

Swami Kriyananda spiega:

“Il progresso spirituale senza l’aiuto di un vero, o Sat, guru non può che essere lento, casuale, incerto e a volte pericoloso. In India, dove la spiritualità è stata studiata per migliaia di anni – non come una religione, ma come una scienza pratica (“pratica” nel senso di risultati effettivamente raggiunti) – la tradizione antica ha sempre sostenuto che un vero guru sia la conditio sine qua non per il successo sul sentiero spirituale. Molte persone spiritualmente ignoranti, perfino in India, insistono nell’affermare che con il livello di alfabetizzazione ormai raggiunto e con la facilità con cui oggigiorno si possono trovare i libri, gli insegnamenti spirituali sono accessibili praticamente a tutti, e quindi un guru non è più necessario. In verità, la diffusione della capacità di leggere e scrivere ha avuto un effetto poco felice: la divulgazione non solo del sapere, ma anche dell’ignoranza!

La vera comprensione non proviene dal ragionamento intellettuale, ma dall’intuizione. La sintonia interiore e intuitiva con la coscienza del guru conduce al risveglio spirituale nel modo più diretto e sicuro.” — L’essenza della Bhagavad Gita

Quando accettiamo la presenza di un guru nella nostra vita, significa che abbiamo fede che egli ci darà esattamente ciò di cui abbiamo bisogno. Una volta trovato il tuo guru, pratica fedelmente ciò che egli ti ha trasmesso. Es-sere un “discepolo” significa anche accettare la “disciplina” del guru e usare gli strumenti che egli ci dà con sempre crescente devozione, profondità e costanza.
Leggendo Autobiografia di uno Yogi è facile sentirsi attratti da tutti i maestri del Kriya, grazie alla devozione che Yogananda provava per ognuno di loro. Egli non scrisse di sé, ma di loro. Come loro diretto discendente spirituale, Yogananda è un canale per le loro benedizioni e per la scienza del Kriya che insegnano. Se senti amore e rispetto per Yogananda e anche per uno dei suoi predecessori, e ti senti ispirato dal modo in cui il Kriya è presentato ad Ananda come pratica vitale per la vita quotidiana, sei benvenuto e incoraggiato a seguire il tuo sentiero del Kriya qui. Tutti i maestri del Kriya benediranno la tua pratica attraverso i loro canali diretti.
Ogni linea di Kriya ha il suo modo specifico di strutturare le tecniche. Dovresti rivolgerti alla linea alla quale sei stato iniziato e chiedere consiglio alla persona che ti ha iniziato, o ai suoi seguaci. Se, tuttavia, hai la sensazione di non essere stato completamente consapevole dell’impegno che prendevi al momento dell’iniziazione, e volessi prepararti a ricevere il Kriya tramite Ananda, ti invitiamo a parlare personal-mente con uno dei nostri insegnanti di Kriya.
Affermi il tuo discepolato a Dio e agli avatar del Kriya, e ti impegni a praticare fedelmente e con regolarità le tecniche del Kriya come ti sono state insegnate, almeno due volte al giorno. Prometti anche di non rivelare le tecniche a nessuno a meno che tu non sia stato autorizzato a farlo.

Yogananda ha indicato delle pratiche preparatorie che possono essere utilizzate quotidianamente da tutti: gli Esercizi di ricarica e la tecnica di concentrazione Hong-So. È possibile ricevere grandi benefici praticando queste tecniche e studiando gli scritti di Yogananda e Kriyananda, cercando anche di rivolgersi quando possibile a un centro Ananda per partecipare ai corsi sul sentiero del Kriya. Applicando i principi ed eseguendo le pratiche, comincerai ad avere un rapporto personale con i guru e un’esperienza diretta dei benefici che le tecniche portano alla tua coscienza, al tuo benessere interiore e alla tua vita quotidiana.

Per aiutarti a capire se il sentiero del Kriya e i suoi maestri sono giusti per te, puoi “fingere” che lo siano e seguirli come farebbe un discepolo, accogliendoli in ogni ambito della tua vita. Puoi “fidanzarti” con Yogananda invitandolo nel tuo cuore, nella tua casa, nella tua famiglia, nel tuo luogo di lavoro, coinvolgendolo intimamente nelle tue attività, nelle tue decisioni e nei tuoi progetti. Dopo un periodo di “fidanzamento”, saprai se questo sentiero è per te. A quel punto, potrai prendere un impegno più formale attraverso l’iniziazione al discepolato.

Non si tratta di far passare del tempo, ma di impegnarti nella pratica quotidiana delle tecniche di base del sentiero del Kriya. Una volta stabilita una regolare routine quotidiana, puoi frequentare corsi di preparazione al Kriya, durante i quali ti verranno insegnate altre pratiche. Di solito si chiede di far passare un periodo di circa sei mesi dal momento in cui la pratica diventa quotidiana. Poiché in genere si ha bisogno di circa sei mesi per diventare discepoli e instaurare una pratica regolare, è possibile ricevere l’iniziazione più o meno entro un anno. Per ricevere l’iniziazione, è necessario che tu dedichi alle pratiche almeno 45 minuti due volte al giorno.

Il Kriya è una tecnica di meditazione avanzata, che richiede un elevato grado di concentrazione e un forte sistema nervoso centrale, che sia in grado di sostenere l’accresciuto flusso di energia risvegliato dalla pratica. Chi non ha sviluppato queste capacità non sarà in grado di percepire il movimento dell’energia del Kriya, oppure, in alcuni casi, non riuscirà a controllare l’accresciuto flusso di energia. Yogananda stesso ha dato queste indicazioni:

«Il Kriya Yoga non viene dato fino a che il devoto non ha praticato altre tecniche altamente avanzate, preparando la mente alla suprema benedizione che giunge con quella tecnica più elevata. L’esperienza mi ha dimostrato la necessità di seguire questa regola generale».

Le iniziazioni al Kriya vengono date ad Ananda quattro volte l’anno dai Kriyacharya (insegnanti di Kriya) che sono stati autorizzati da Swami Kriyananda. Questi insegnanti, inoltre, si recano regolarmente anche in altre località per dare le iniziazioni. E c’è anche un’iniziazione al Kriya online una volta all’anno.

Se ti è possibile, cerca di partecipare a tutte le cerimonie di iniziazione, soprattutto nel primo anno. Le benedizioni che si ricevono durante le cerimonie del Kriya ci aiutano enormemente nel nostro progresso spirituale. A ogni iniziazione siamo in grado di comprendere le pratiche più profondamente. Quando Yogananda era in vita, i suoi discepoli partecipavano a tutte le iniziazioni.

Il nostro sentiero del Kriya Yoga prevede quattro livelli di iniziazione. Dopo che avrai praticato regolarmente le tecniche di base del Kriya per almeno due anni e ti sentirai pronto ad aumentare la durata delle tue meditazioni, potrai chiedere il permesso di ricevere l’iniziazione al secondo Kriya. Dopo almeno un anno di pratica quotidiana delle tecniche del primo e del secondo Kriya, e impegnandoti ad allungare le tue meditazioni, potrai ricevere le iniziazioni di terzo e quarto livello, che vengono date insieme. Ananda offre dei corsi di preparazione per ognuno di questi livelli.