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Ci sono alcune cose nella vita che la maggior parte delle persone non crede accadranno mai a loro. Non sto parlando delle credenze personali con cui ci confrontiamo ogni giorno, in base ai nostri pensieri e alle abitudini individuali: ‘Oh, non troverò mai un lavoro, non potrò mai permettermi una casa mia, perdere peso, meditare profondamente, rilassarmi…’ e così via. No, non queste affermazioni personali, ma piuttosto quelle credenze che abbiamo posto in alto nella nostra lista del ‘Questo non mi accadrà mai’, come per esempio essere investiti da un autobus o vincere la lotteria o anche essere in un incidente aereo. Ma a volte la vita ci riserva quello che meno ci aspettiamo.
Una donna italiana, che chiamerò Francesca, che ho recentemente incontrato ad Ananda Assisi, era in visita per la prima volta. Aveva letto Autobiografia di uno Yogi e si era iscritta allo stesso corso nel weekend in cui partecipavo io. Riuscì a ricoscere la grande fame che aveva per gli insegnamenti, il suo silenzioso assorbimento delle parole del nostro insegnante e le sue domande profonde successivamente. Ci siamo trovate facilmente in sintonia e, alla fine del weekend, mentre ci stavamo salutando, si offrì di riportarmi al ritiro Il Ritoria dove alloggiavo, prima di guidare fino a Milano.
Era, infatti, a Milano che Francesca stava tornando in volo nel 2014, dopo un viaggio di lavoro di routine. Salì sull’aereo pieno e affollato e si sistemò comodamente nel suo posto centrale, desiderosa di tornare a casa. Ai suoi lati sedevano due uomini libanesi che, come scoprì presto, facevano parte di un piccolo gruppo di nove persone in un tour religioso in Italia. Uno di loro era musulmano e l’altro ortodosso. Nel corso del volo poterono godere di una lunga discussione sulla preghiera, Dio e i loro percorsi individuali verso Dio. Lei condivise con loro la sua affinità speciale con la Madre Maria e quanto conforto sentiva dalla sua presenza nella preghiera e nella riflessione.
Avendo lavorato nell’industria delle forniture aeronautiche, quando il grande aereo continuò a sorvolare l’aeroporto di Milano per oltre quaranta minuti, sospettò che qualcosa non andava. Come pensava, nel giro di pochi minuti la voce e le parole del capitano immobilizzarono momentaneamente tutta la cabina. In modo inspiegabile, le ruote dell’aereo non si stavano aprendo e avrebbero dovuto fare un atterraggio di emergenza sulla pista, sulla pancia dell’aereo. Assicurò loro che l’equipaggio di cabina era stato addestrato per atterraggi di emergenza e che ai lati della pista si trovavano delle squadre di soccorso: vigili del fuoco, ambulanze e squadre mediche d’emergenza. Avrebbero fatto un atterraggio di emergenza tra esattamente quindici minuti e furono consigliati di prepararsi interiormente il meglio possibile. Qualcosa nel tono della sua voce avvertì i passeggeri che quelli potevano essere i loro ultimi momenti di vita.
Dopo un silenzio sbalordito, il panico e la paura pervasero la cabina, ma Francesca si sentì stranamente calma. I suoi pensieri si rivolsero a suo padre e sentì un bisogno urgente di dirgli addio. Rivolgendosi a uno degli uomini accanto a lei, gli chiese se poteva ‘essere’ suo padre. Lui annuì con grande comprensione e mentre lo guardava negli occhi, lei lo abbracciò e gli disse quanto lo amava. Lui annuì, le tenne la mano e le disse che anche lui la amava molto. Poi, con calma e grande resa, si piegò nella posizione di sicurezza e affidò la sua vita alla Madre Maria.
L’incidente fu orribile e mentre gli incendi e le urla cominciavano, si rese conto che, miracolosamente, sia lei che i suoi vicini libanesi erano completamente illesi a parte qualche graffio e livido. Era la prima volta che viaggiava con il suo rosario e lo aveva usato a malapena. Ma per qualche ragione lo aveva portato con sé. In seguito, in un atto di gratitudine, lo regalò al suo ‘padre’ surrogato.
Seduti in macchina a Il Ritoria, dove Francesca aveva iniziato la storia, rimanemmo insieme in completo silenzio. Le parole di Francesca erano state pronunciate con una profonda sacralità, l’interno della macchina sembrava saturato di amore e sentivo la presenza della Madre Maria mentre i miei occhi si riempivano di lacrime. Era come se il tempo si fosse fermato. Eravamo stati in macchina per quasi un’ora, per un viaggio di cinque minuti. Le parole sembravano troppo forti per essere pronunciate ora e in amicizia divina la salutai e camminai attraverso il parcheggio alberato e intorno all’angolo verso il santuario della mia stanza. Non sentii la sua macchina partire per un po’ di tempo e pregai che fosse tenuta al sicuro e benedetta. I pensieri mi assalivano: ‘Come avrei vissuto i miei ultimi 15 minuti dato nessun preavviso?‘
Mi venne in mente una storia che Hare Krishna scrisse nel suo libro ‘Esperienze con il mio Guru‘, che racconta un episodio della sua vita come pronipote di Paramhansa Yogananda. La storia vera era di un incontro ravvicinato con la morte a bordo di una barca a vapore che affondava sul fiume Gange. La nave era diretta al santo festival di Ganga Sagar ed era piena di centinaia di pellegrini e alcuni membri della famiglia e parenti lontani di Yogananda. Improvvisamente, dopo circa 40 miglia nel loro viaggio, la nave iniziò a affondare. L’acqua saliva sui ponti della nave. Tutti i pellegrini e il capitano erano spaventati e iniziarono a correre, paurosamente, dappertutto. Molti pellegrini vedendo Yogananda con il suo abito color zafferano, vennero rapidamente da lui e gli chiesero di salvare le loro vite. Lui rispose: ‘Siate calmi, non preoccupatevi e non correte per paura. Andrà tutto bene. Sedetevi dove siete e pregate Dio per le vostre vite.‘ Loro fecero questo; pregarono con calma e dopo un po’ l’acqua scese dal ponte e la nave risalì. I pellegrini erano pieni di lodi e gratitudine verso Yogananda, ma lui disse: ‘No, non ho salvato io le vostre vite. Avete pregato Dio e così Dio ha salvato tutte le nostre vite.‘
Francesca e i pellegrini furono salvati, ma ugualmete avrebbero potuto non esserlo. Avrebbero potuto vivere il loro ultimo momento. In entrambi i casi, ebbero una preziosa opportunità di affrontare la morte con coraggio e con un alto livello di coscienza. L’esperienza di Francesca fu unica. Non era come se le fosse stato dato un periodo di tempo di qualche settimana o qualche mese a causa di una malattia. No, le era stato dato un periodo di tempo breve ed esatto. Come a iniziare da ORA. Immaginate, se state leggendo questo, che da questo momento avete quindici minuti di vita. Cosa ci fareste? Come vi preparereste? Siete preparati?
Il Maestro ci ha insegnato in innumerevoli modi a prepararci, giorno dopo giorno, sadhana dopo sadhana, kriya dopo kriya, meditazione dopo meditazione per il nostro momento di morte. Ci ha dato affermazioni, visualizzazioni, seva e canti. Ci ha insegnato come pregare in modo efficace. Nel caso della nave che affondava, la preghiera era ciò che il Maestro chiedeva ai discepoli di fronte a un imminente annegamento. In effetti, oltre alla preghiera, lui e Swamiji ci diedero più insegnamenti e tecniche di quanto potessimo usare in una vita.
Nelle mie riflessioni, speravo e pregavo di poter anch’io, come Francesca, attingere ai miei sforzi spirituali e trovare la presenza di cuore e mente per arrendermi a Dio e al Guru. In effetti, una parte di me quasi la invidiava per questa esperienza: ricevere consapevolmente i nostri ultimi quindici minuti e con essi l’opportunità di affrontare Dio e il Guru con tutto ciò che abbiamo dentro di noi.
Non avevo apprezzato né compreso, fino a quando non ho letto il saggio profondo di Swami Kriyananda “L’Esame Finale”, quanto fossero importanti i nostri pensieri e il nostro livello di coscienza in quel momento finale. Questo mi ha sbalordito. A seguito di una tale rivelazione, Swamiji non lascia il lettore brancolare nel buio, ma offre una saggezza profonda e istruzioni per la nostra preparazione alla morte.
Nel saggio, condivide ciò che considera una delle affermazioni più importanti della Bhagavad Gita, al Capitolo 8 verso 5. Questo in riferimento al nostro ultimo momento prima della morte, perché dice che è il pensiero predominante nella nostra mente in quel momento che determinerà dove il nostro futuro ci porterà: a una maggiore chiarezza e libertà spirituale o ai mondi inferiori o laterali della nostra vibrazione e dei nostri pensieri finali. A causa di questa verità eterna, il modo in cui ciascuno di noi vive la propria vita, i nostri sforzi spirituali per elevare la nostra coscienza e la nostra pratica di lasciar andare i nostri attaccamenti sono fondamentali. Ogni sforzo che facciamo aiuterà a trasformare ed elevare la nostra coscienza e forza vitale.
Incoraggio chiunque stia leggendo questo blog a leggere il saggio (leggi qui in inglese). Non potrei mai riassumere in poche parole l’importanza che ha per ognuno di noi nella nostra preparazione alla morte. Non solo spiega perché è così importante, ma fornisce anche istruzioni e una lista di pratiche da seguire. Tuttavia, Swamiji condivide in un riepilogo finale ciò che considera le due pratiche più utili:
- “Per prima cosa, cerca di evitare il più possibile tutto ciò che potrebbe avere un’influenza negativa o persino distraente sulla tua mente. Evita soprattutto le cose che potrebbero attirare i tuoi pensieri verso pensieri ed emozioni negative e verso desideri mondani.
- Secondo, circondati il più possibile con influenze elevanti, che ricordano Dio.”
Sono stato fortunata ad ascoltare la storia di Francesca e mi ha dato molto su cui riflettere in relazione al saggio di Swamiji. In una conversazione con un insegnante e amicq circa due settimane dopo, ho riconosciuto che una delle comprensioni più importanti per me in questa esperienza non era tanto concentrarmi sui miei ultimi momenti, ma far luce su come scelgo di vivere il minuto successivo, e poi il successivo e così via. Fino al mio ultimo respiro, i miei “ultimi quindici minuti”. Dopotutto, non sappiamo mai se anche noi potremmo incontrare l’“inaspettato”.
Spero e prego che ognuno di noi sia abbastanza fortunato da avere una morte pacifica, dove possiamo ascendere a un regno di grande amore e gioia e continuare il nostro viaggio verso casa nell’espansione spirituale.
Benedizioni
Victoria