Gli esseri umani, essendosi allontanati dalla Fonte dell’amore, Dio, ed essendosi identificati con un vulnerabile corpo fisico, hanno dimenticato la loro natura essenzialmente immortale e indistruttibile, hanno iniziato a credere nella realtà della morte e, di conseguenza, hanno sviluppato la paura.

Ci sono, ovviamente, casi in cui la paura è necessaria; per esempio è saggio avere paura delle tigri in una foresta, oppure avere paura delle conseguenze che potrebbero derivare dall’uso di droghe, eccetera. Ma quando la paura è immotivata, diventa ansia, e può seriamente minare la nostra pace interiore. Inoltre, la paura ci magnetizza e fa sì che finiamo per attrarre a noi stessi proprio ciò che più temiamo, “come una calamita attira a sé pezzi di ferro”, afferma il Maestro.

Insomma, la paura è un vero guaio, un “valore aggiunto” negativo che somma alle circostanze della nostra vita una zavorra pesante, paralizzante.

Se ci guardiamo attorno nella natura, la paura, intesa come ansia, non esiste. Sì, un animale braccato sicuramente avrà paura, ma sarà una paura sana, che produce adrenalina e che favorisce la fuga, una paura naturale. Di fatto, perché mai la natura dovrebbe avere paura? Essa è aperta alla guida divina, è costantemente in contatto con il Creatore, gli si affida e ne segue i ritmi con fiducia, ricevendo energia e amore.

E noi? Perché per noi non è lo stesso? Che cosa ci impedisce di essere sereni e fiduciosi come i fiori e come gli animali?

E’ il nostro ego, che contrasta costantemente il flusso naturale della vita, dell’energia: una volontà che crede di sapere che cosa sia bene per lei e che, con i suoi desideri e le sue repulsioni, cerca costantemente di ottenere ciò che desidera e di resistere a ciò che non le piace, che si chiude al flusso dell’energia divina e si espone a tutte le paure che ne derivano.

In un libro scritto da un esorcista ho letto che lui consiglia, quando si ha a che fare con energie negative, di comportarsi come vide fare a un bambino spaventato da un cane che lo rincorreva: saltare in braccio al suo papà.

Anche noi dovremmo saltare in braccio al Papà o alla Mamma divini e, anche, ricordare a noi stessi che questa vita, che ci sembra così vera, in realtà è soltanto un’illusione, uno spettacolo, il sogno di Dio.

Quando siamo in quella Luce nulla può toccarci. Il Maestro disse al Dr.Lewis che era scampato per miracolo a un naufragio, e che aveva cantato “OM”: “Quando sei nella coscienza dell’OM nulla può toccarti” (la Luce divina è un aspetto di OM).

Naturalmente ci sono anche delle cose pratiche che possiamo fare quando siamo in preda alla paura: il doppio respiro contraendo tutti i muscoli; fare pranayama; ripetere un mantra o un’affermazione per calmare la mente; oppure, ancora, fare un canto ispirante, visualizzare il Maestro accanto a noi, o cercare la compagnia di persone che, con il loro magnetismo, possano aiutarci a ritrovare la nostra centratura…tutto quanto possa aiutarci a ricordare che siamo lei leoni di Luce, siamo l’anima immortale e invincibile che nulla può ferire, uccidere, bruciare, come dice la Bhagavad Gita.

Ma, naturalmente, prevenire è meglio che curare, e una pratica di meditazione regolare, che ci metta in contatto con la zona di invulnerabilità che si trova dentro di noi, è il modo più sicuro per vivere in serenità e per essere di aiuto ai nostri cari, persino in tempi di turbolenza, in cui tutti, intorno a noi, sono agitati.

Vivo protetto dall’infinita Luce di Dio. Finché resterò in essa, niente e nessuno potrà nuocermi. –  Swami Kriyananda

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