Un giorno il Mahatma Gandhi andò in una agenzia e stipulò un contratto di assicurazione sulla sua vita. Il giorno dopo tornò in quella agenzia e cancellò il contratto affermando: “Quanta poca fede in Dio, ho avuto”.

Gandhi aveva colto perfettamente il punto: quando abbiamo una fede illimitata in Dio, anche noi diventiamo divini. Affermando la nostra identità con Lui permettiamo alla nostra coscienza di espandersi. A quel punto possiamo accogliere l’abbondanza e tutto ciò che l’universo ha in serbo per noi.

Tuttavia, non è difficile comprendere perché riponiamo tanta fiducia nei beni materiali: li abbiamo davanti, possiamo toccarli, sono concreti… però hanno un limite, tipico della materia: sono inaffidabili, deperibili; tutta la materia lo è perché cambia costantemente. L’essere umano si illude di poter, con le sue ricchezze, trovare la sicurezza ma, in verità, ciò che maggiormente potrebbe dargli quella sicurezza è quanto di meno tangibile esista: lo Spirito, la fede.

La sicurezza, la stabilità sono qualità psicologiche del primo chakra. I chakra ricevono l’energia che entra nel nostro corpo e poi la indirizzano secondo le nostre tendenze: nel caso del primo chakra fuori, nella materia, quando cerchiamo lì la sicurezza; in alto, verso la sede della nostra natura divina, nell’occhio spirituale, quando ci affidiamo a Dio. L’energia rivolta all’esterno sarà soggetta alla legge di dualità, quella diretta in alto no, perché lo Spirito non è duale, è Uno.

Ho avuto molte prove di come Dio si prenda cura di noi, quando ci affidiamo a Lui, e racconto volentieri qualcuna di quelle esperienze.

Avevo sempre avuto un po’ di ansia, legata al denaro, trasmessami dalla mia famiglia, ed era un periodo in cui ciò che guadagnavo non bastava a coprire le mie spese mensili. Ricordo che era il primo gennaio e mi capitò per le mani un libretto, stampato ad Ananda per una raccolta fondi, con il primo capitolo del libro di Swami Kriyananda Attrarre la prosperità. L’argomento era La decima. Rimasi affascinata da ciò che diceva Swamiji e dissi a me stessa: “Sfidati, crea una contro tendenza!”.
Così, decisi di mettere in pratica quel consiglio: ogni mese, per un anno, avrei donato il dieci per cento del mio introito. E poi avrei deciso se continuare, oppure no.

Subito, appena ricevevo il mio compenso, donavo il 10%. Sarebbe stato un grave errore pensare: “Aspetto la fine del mese e, se avanzano, li dono”. No! Quella non sarebbe stata fede! Inoltre, sono certa che non sarebbe avanzato nulla.

Di fatto, quello che feci fu prendere la mia energia e, invece di farla uscire fuori, attraverso il primo chakra, cercando lì la sicurezza, la portai con forza in alto, a Dio, per mezzo della fede.

Ebbene, subito iniziai a ricevere soldi, oppure, ciò di cui avevo bisogno. Andò avanti così per tutto l’anno e, quando raggiunsi il termine che mi ero prestabilita… semplicemente continuai con la mia donazione mensile. Non ho mai smesso.

C’è un altro episodio, che forse dimostra ancora meglio l’amore di Dio, quando ci affidiamo a Lui.

Vivevo ad Ananda da qualche anno, insieme a mia figlia che non aveva ancora la patente e quindi dipendeva da me per i suoi spostamenti: qui il servizio pubblico lascia molto a desiderare.

Vivevamo in una casetta a circa 4 chilometri dal Centro Ananda e, da lì, riuscivo a gestire abbastanza bene i nostri spostamenti. Una mattina, all’improvviso, il proprietario della casa in cui vivevo mi venne a trovare per parlarmi: avrebbero messo in vendita quella proprietà per cui presto avrei dovuto lasciarla.

Mi sentii mancare il terreno sotto i piedi (facevo affidamento sulla materia che, in quel momento, non sembrava molto contenta di collaborare). Che cosa avrei fatto? Qui non ci sono molte case disponibili. E se avessi dovuto allontanarmi da Ananda? Come avrei potuto conciliare il mio servizio lì con le esigenze di mia figlia?

Poi mi sono ricordata: ero lì per Dio!

Mi sono alzata in piedi, con le mani sui fianchi, e, quardando in alto dissi ad alta voce: “Madre divina, sono qui per Te, lavoro tutto il giorno per Te. La mia casa è un problema Tuo!”. E, tranquillamente, ripresi a lavorare. Questo accadeva circa alle 10 del mattino.

Alle 13.30 andai a pranzare ad Ananda e mi trovai a parlare con Anand, il nostro direttore spirituale, al quale esposi la mia situazione. Lui mi disse:”Perché non prendi in affitto una di queste case in costruzione, di fronte al Rifugio?”. “Ma come, non sono per Ananda?” chiesi io. “No, chiama il proprietario e digli che ne vuoi una”. Rispose lui.

Alle 15.00 circa chiamai il proprietario e mi prenotai. La casa era mia! Ed era più grande, più bella e molto più vicina di quella in cui vivevo.

Con lacrime di gratitudine agli occhi feci i conti: ero rimasta senza casa per 4 o 5 ore, non di più!

Quando ci mettiamo sinceramente nelle mani di Dio, in un certo senso, lo “costringiamo” a prendersi cura di noi: siamo i Suoi amati figli.

Om guru

Clarita

2 Comments

  1. mm

    Trasformazione intellettuale in pratica oggettiva.
    Parole come forma,azione come esempio.
    Silenzio e introspexione come tecniche.
    Incrollabile fede come supporto.
    GRAZIE MAESTRO

  2. mm

    Mi ha molto colpito il tuo racconto perché anch io dovrò lasciare la casa in cui abito in marzo. Anch io pregherò perché la madre divina me ne faccia trovare una altra dove dio vorrà che io viva in futuro grazie

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