“Possa la luce divina risvegliare e purificare il mio cuore e portare l’illuminazione a tutti gli esseri”.
1. Noi crediamo in un’unica, eterna coscienza di beatitudine, Satchidanandam, che pervade l’intero universo, unendo tutte le creature in un legame di reciproco servizio. Questa coscienza di beatitudine è la realtà alla base di tutta l’esistenza; precede la manifestazione stessa dell’universo.
2. Noi crediamo che il dovere supremo dell’uomo sia di realizzare se stesso come espressione dell’onnipervadente Satchidanandam.
a) Noi abbracciamo la via di questa realizzazione del Sé attraverso il silenzio interiore, in primo luogo nella comunione quotidiana con il Sé infinito
b) Noi abbracciamo, per noi stessi, l’esigenza di impersonificare questa realizzazione nella nostra vita compiendo ogni giorno almeno un atto di servizio specifico, cosciente, personale e selezionato, nei confronti degli esseri nostri fratelli.
c) Noi abbracciamo – di nuovo per noi stessi, dato che non cerchiamo di imporre la nostra comprensione agli altri – l’esigenza di onorare tutti, sia gli amicizia coloro che si dichiarano nemici, come manifestazioni dell’eterno Satchidanandam e di vederli come nostri fratelli e sorelle in quella Coscienza Suprema che è chiamata in vari modi: Dio, Ishwara, Allah, Geova. Riconosciamo che tutti i nomi per quell’ Essere Supremo sono designazioni del nostro unico, comune Progenitore.
d) Noi abbracciamo l’esigenza di restituire alla Fonte Suprema ciò che riceviamo, offrendo ogni attaccamento egoico e ogni identità autolimitante in atti quotidiani di servizio agli altri.
e) Noi cerchiamo, come meta principale della nostra vita, lo stato di unione reale e cosciente con Satchidanandam.
f) Noi aspiriamo a rendere le nostre vite opere d’arte, attraverso la musica, le arti visive o le semplici azioni della nostra esistenza quotidiana, con lo scopo di esprimere la beatitudine latente nel nostro sé più profondo.
g) Noi cerchiamo di irradiare ogni nostro pensiero e azione dal centro del nostro essere, e di non permettere a noi stessi di diventare riflessi superficiali dei pensieri e azioni altrui.
3. Noi non cerchiamo mai di convertire nessuno alla nostra causa specifica, ma solo, con amore, di ispirare in tutti il desiderio di rivendicare la beatitudine del loro stesso essere.
4. Noi cerchiamo la compagnia di altre persone desiderose di unirsi a noi in quest’opera amorevole per l’elevazione universale. Grazie ai nostri sforzi congiunti, speriamo di condividere la nostra ispirazione con efficacia sempre cosciente.
5. Noi riconosciamo che, anche se gli altri non si uniscono coscientemente a noi in quest’opera, tutti gli esseri umani, ognuno individualmente, servono lo Scopo Eterno, e lo fanno semplicemente cercando, da ignoranti o da saggi, la beatitudine del loro essere. Non condanniamo quindi nessuno per idee diverse dalle nostre, ma abbracciamo tutti come compagni nella ricerca della Beatitudine Suprema.
6. Come segno della nostra dedizione a questi principi, l’assunzione dei quali è la nostra regola-guida nella vita, noi ci impegnamo ad indossare alla funzioni formali del nostro Ordine un colore che esprime l’ardore del nostro cuore, la purezza della nostra spirazione e l’umiltà delle nostre intenzioni. Indossiamo quel colore non per distinguerci dagli altri, ma semplicemente per ricordare a noi stessi di rimanere concentrati sul nostro vero scopo. Il colore è una tonalità calda di giallo, che ricorda il sole e simboleggia la gioia del nostro essere. Indossando questo colore noi dimostriamo la nostra volontà di cooperare con coloro che sono ugualmente votati a questo ideale elevato. Il colore giallo può essere indossato in qualunque forma: una cravatta, una sciarpa, uno scialle o anche un fazzoletto infilato nel taschino della giacca.
Noi riconosciamo che la via di Ananda Sangha è primariamente interiore, non esteriore, che ci conduce, attraverso il sentiero universale della spina dorsale, allo stato elevato di comunicazione con Dio al punto nella fronte tra le sopracciglia. Noi seguiamo questo sentiero attraverso la pratica quotidiana, dopo averla ricevuta, della scienza non settaria del Kriya Yoga, come è stata chiamata da colui che l’ha riportata in vita nel diciannovesimo secolo, lo Yogavatar Lahiri Mahasaya di Benares.
Lo scopo del Kriya Yoga è di ritirare la propria energia e coscienza dai sensi nella spina dorsale e di elevare la consapevolezza fino all’unione cosciente con la Realtà Suprema: Satchidanandam. Coloro i quali praticano questa sacra scienza sono conosciuti come Kriyaban. I Kriyaban di Ananda Sangha offrono speciale rispetto, onore e reverenza a coloro che hanno ispirato la diffusione del Kriya Yoga nei tempi moderni: Gesù Cristo, Mahavatar Babaji (che in una precedente incarnazione era, come egli stesso disse ai suoi discepoli più vicini, Bhagavan Krishna), Lahiri Mahasaya, Swami Sri Yukteswar e Paramhansa Yogananda, ambasciatore del Kriya Yoga in Occidente e promotore dell’unità di base tra Induismo, Cristianesimo e, di conseguenza, tutte le grandi religioni del mondo. I Kriyaban venerano tutti i grandi santi di ogni religione, ma rivolgono particolare riverenza e obbedienza alla linea di guru sulle cui vite e insegnamenti modelliamo le nostre vite.